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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(LA NAZIONE - IL RESTO DEL CARLINO)
Il G8 segna il fallimento dei Ds

3/5/2002

Giacomo Mancini, 29 anni, nipote di uno dei patriarchi del socialismo italiano, iscritto al gruppo Ds della Camera, ha molto da dire sulla gestione dell’affare G8 da parte della Quercia. Perché? "Si è trattato di un’occasione mancata. Non c’è intervista in cui i presunti leader Ds non facciano riferimento alla necessità di costruire un grande partito del socialismo europeo…" - E allora? "Beh, andati all’opposizione, piuttosto che mettersi a un tavolo con Blair e Jospine, hanno preferito accodarsi a capipopolo che avevano come unico obiettivo quello di legittimarsi come soggetto politico". - Parla del Gsf? "Certo, Agnoletto lo ha detto esplicitamente. E personalmente credo che avessero bisogno proprio di un morto per raggiungere lo scopo". - E i Ds? "Ondivaghi. Il G8 lo hanno voluto loro a Genova, ora fanno gli antiglobalizzatori? Suvvia, c’è di meglio che inseguire Agnoletto e Bertinotti". - Intanto si chiedono le dimissioni di Scajola. "Mi va benissimo criticare il governo, ma anche su questo punto si rischia di assumere una posizione di comodo. Perché prendersela con Scajola e non con De Gennaro? Solo perché ha fato la sua brillante e per certi aspetti inquietante all’ombra di settori della Quercia?" - Lei ha 29 anni. Pensa che questa vicenda sia lo specchio di una crisi nei rapporti tra la sinistra e i giovani? "Non c‘è dubbio. I giovani non sono solo quelli rappresentati da Agnoletto e Casarini e da gruppi che hanno coperto le frange più violente. E’ giusto dialogare con i giovani, ma senza rinunciare a proporre un messaggio inequivoco sulla condanna di ogni tipo di violenza". Paolo Meli
 


 
 
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