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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(IL GIORNALE)
Dividere giudici e Pm

11/12/2001

Caro direttore, i temi della giustizia sono al centro del dibattito politico e stanno facendo registrare scontri anche duri tra i diversi schieramenti sia per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia nel nostro Paese, su cui i toni sono diventati incandescenti dopo le dimissioni del sottosegretario Taormina e ancor più dopo l’aspra, ma su non pochi punti condivisibile, denuncia del ministro Castelli, sia per quanto riguarda il ruolo dell’Italia all’interno dell’Unione Europea, con la mancata adesione al progetto riguardante il mandato di cattura internazionale che vede già d’accordo tutti gli altri quattordici Stati dell’Unione e che segna un grave isolamento del nostro Paese. Su questi temi è intervenuto Piero Fassino, neosegretario dei Ds, con un’intervista sul giornale “La Stampa” che sollecitava una sua presa di posizione che potesse favorire il rasserenamento del clima politico e aprire le basi di un confronto produttivo tra maggioranza e opposizione. Fassino, come al suo solito, ha utilizzato toni pacati e ha trattato tematiche condivisibili cercando, e per questo va apprezzato, di aprire una possibilità di confronto in modo da arrivare a una riforma complessiva del mondo della giustizia, ormai non più rinviabile, con un ampio consenso delle forze parlamentari. Nelle parole di Fassino, però, abbiamo percepito ancora una certa timidezza ad affrontare alcuni importanti nodi, quella stessa timidezza che egli stesso, alla vigilia del congresso di Pesaro, rimproverava alla sinistra di avere avuto nell’affrontare il periodo di Tangentopoli. Per vincere questa timidezza e per liberarsi dei retaggi dell’infausto passato è utile, su alcuni punti, fare chiarezza! L’indipendenza della magistratura rappresenta un caposaldo dello Stato di diritto a difesa del quale la sinistra riformista deve essere schierata in maniera convinta. Ma l’indipendenza statuita dalla Costituzione vale soltanto per i magistrati che giudicano, e cioè per coloro i quali sono chiamati a decidere sulla colpevolezza o l’innocenza dei cittadini giudicando la bontà delle tesi dei magistrati che accusano o degli avvocati difensori ed emettendo sentenze in nome del popolo italiano. Nel nostro sistema, invece, il principio dell’indipendenza di fatto è applicato anche nei confronti dei pubblici ministeri, che sono i magistrati che accusano, ma nel comune sentire sono erroneamente definiti, anch’essi, giudici. Questa ambiguità è causa di quelle storture che una chiara divisione delle carriere eliminerebbe del tutto. Per esempio, in Europa vengono comminate severe punizioni nei confronti dei Pm che abusano del loro potere; in Italia, invece, ciò non avviene perché nel nostro sistema il controllo sull’operato di tutti i magistrati spetta al Csm che è un organo composto in grande maggioranza dai colleghi di quei magistrati che si è chiamati a giudicare. Sull’eliminazione di queste storture la sinistra deve essere chiara e deve dire quello che le sinistre democratiche dicono in tutta Europae cioè che sull’operato del pubblico ministero deve esistere un serio controllo che abbia a oggetto anche la politica criminale che egli persegue. Oggi in Italia il pubblico ministero può decidere senza che nessuno intervenga quale reato perseguire e quale reato lasciare impunito, ed è per questo che egli solitamente preferisce perseguire quei reati che gli conferiscono una certa pubblicità e una certa visibilità anche sui mezzi di informazione, e distoglie la propria attenzione verso quei fati, come i furti, le rapine, le piccole violenze quotidiane che non danno certamente notorietà, ma per i quali invece i cittadini tutti richiedono maggiore attenzione. Su questi punti la sinistra dovrà spendersi, avendo la forza di lasciarsi alle spalle quell’infausta politica di appiattimento sempre e comunque a difesa dei pubblici ministeri che ha prodotto risultati negativi, come da ultimo testimonia il dato elettorale in Sicilia. Per tornare a governare il Paese è necessario riacquistare i consensi persi a vantaggi del centrodestra in questi anni e per fare questo, cioè per “disarticolare il campo dell’avversario” come dice Massimo D’Alema, è indispensabile sui temi della giustizia riappropriarsi le battaglie garantiste. Ma, per farlo, occorre più coraggio. Giacomo Mancini jr
 


 
 
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