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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(L'UNITA')
Giacomo Mancini, una storia che dura

13/4/2003

Ripenso spesso a quei giorni di tiepida primavera dell'aprile scorso quando migliaia di persone sono venute a rendere omaggio e a salutare per l'ultima volta Giacomo Mancini. Non rammento i visi e le espressioni, troppo intenso era il dolore, ma è nitido in me il ricordo delle guance che ho baciato e delle mani che ho stretto. Mani assai differenti tra di loro: c'erano quelle dure e callose dei contadini, degli artigiani e degli operai con la tessera del Partito Socialista sgualcita in tasca che hanno lavorato tutta una vita sempre fieri dei propri ideali e fiduciosi che anche attraverso le battaglie riformiste di Giacomo Mancini sarebbe stato possibile ottenere un futuro migliore e più libero dal bisogno per i propri figli; c'erano quelle morbide e ben curate della borghesia impiegatizia e professionale che ha rispettato ed ammirato l'avvocato di provincia che una volta a Roma è stato capace di dare voce ad una regione che prima non l'aveva e che ha saputo recitare un ruolo da protagonista nelle vicende più importanti della storia del nostro paese. In quei giorni di un anno fa, è sfilata, nella sua casa di Cosenza, una Calabria assai diversa, di anziani e di giovani, ma unita nel sentimento di ammirazione, di rimpianto e anche di riconoscenza nei confronti di un uomo che l'ha sempre rappresentata con dignità, senza mai allontanarsi anche quando ricopriva ruoli di grande responsabilità e prestigio ricevendo, per questo, anche le critiche del suo maestro Pietro Nenni che gli consigliava di utilizzare il suo talento per occuparsi esclusivamente delle vicende nazionali. Sono tanti i ricordi tristi di quei giorni che si uniscono e si confondono con quelli felici di tanti anni di vita assieme. Ripenso spesso alle sue parole, alle sue confidenze: la mattina, durante la lettura dei giornali, o il pomeriggio, quando riceveva amici e collaboratori, amava parlare della storie che lo hanno formato e della storia che ha contribuito a scrivere. Immancabili erano i riferimenti ai genitori: alla madre Giuseppina de Matera, donna fiera dell'aristocrazia cosentina che insegnò ai suoi cinque figli la Marsigliese, e del padre Pietro, primo deputato socialista della Calabria, allievo di Labriola ed avvocato che raggiungeva il tribunale di Colle Triglio a piedi, senza mai prendere la carrozzella: altro che gli avvocati di affari di oggi. Preziosi erano i suoi suggerimenti rivolti ai giovani, di cui amava circondarsi, di avere un pensiero elevato e una visione alta della politica e delle sfide che impone, che egli possedeva e che gli ha permesso di coniugare il lavoro intenso per la sua terra, dove ha voluto fortemente realizzare le strutture e le infrastrutture che hanno rotto l'isolamento fisico, sociale e culturale al quale era condannata, con l'elaborazione di nuove e più avanzate alleanze, che hanno portato alla nascita, nei primi anni sessanta, del primo governo di centro-sinistra con i socialisti che entravano nella «stanza dei bottoni», all'apertura, all'inizio degli anni settanta, ai comunisti con il varo delle giunte di sinistra in Emilia e Toscana, ma anche con la definizione di una prospettiva internazionalista che lo ha spinto a sostenere politicamente e ad aiutare economicamente, quando era segretario del PSI, le lotte per la democrazia che i socialisti greci e spagnoli combattevano contro le dittature militari che opprimevano le libertà di quei popoli. I rapporti della sua lunga ed intensa militanza politica sono presenti in ogni angolo della Calabria ed in tante parti del Paese. Ancora oggi, per me questo rappresenta un balsamo che allevia la malinconia, in ognuno dei tanti paesi della regione c'è sempre qualcuno che ricorda Giacomo Mancini: un suo comizio, una sua coraggiosa battaglia, un'opera di quando era Ministro, un suo gesto affettuoso e pieno di considerazione, soprattutto verso i più umili, che testimoniano un impegno politico sempre ai massimi livelli, ma, allo stesso tempo, pieno di passione e ricco di sentimento, e assai lontano dal calcolo, e dalla tattica, adesso così dilaganti. Il ricordo di Giacomo Mancini è ancora vivo, così come sono attuali le sue analisi rivolte alla conquista di ruolo e di centralità, nel contesto nazionale ed europeo, per il Mezzogiorno e per la Calabria che ha, ancora bisogno, di uomini coraggiosi e con la schiena diritta che sappiano dare voce a quella voglia di emergere e di affermarsi che è sempre maggiore tra i calabresi. I soggetti sociali di riferimento di quelle battaglie, iniziate con il primo intervento alla Camera dei Deputati nell'ottobre del 1948, sono cambiati: i contadini ed i braccianti hanno lasciato il posto ai giovani diplomati ed ai laureati di una regione che vuole continuare ad andare avanti con una maggiore determinazione dovuta ad una migliore conoscenza del mondo e che viene ostacolata, non più dagli interessi dei grandi proprietari terrieri, ma da quelli di un ceto politico burocratico inadeguato. É questa, io penso, la sfida che bisogna raccogliere, rinvigorendo con nuova energia un pensiero che deve essere ricordato ed onorato da tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti della sinistra. Giacomo Mancini jr
 


 
 
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