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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(IL FOGLIO)
Un Prodi con partito non piace ai Ds

17/7/2003

Non fa fare salti di gioia tra i Ds, la possibilità di Romano Prodi capolista della Margherita alle elezioni europee del prossimo anno – come anticipato ieri sul Foglio da Franco Marini – con largo anticipo sulle politiche. Se Pierluigi Bersani se la cava più o meno, con un’alzata di spalle – “non ho titolo per pronunciarmi, sono valutazioni che toccano a Prodi” e comunque “l’atteggiamento nostro è trovare soluzioni per vincere” – altri suoi colleghi fanno trasparire meglio la loro perplessità. Secondo Elena Montecchi, “l’uomo della coalizione deve essere l’uomo della coalizione, e comunque fino a ottobre dell’anno prossimo Prodi è in carica in Commissione Europea”. Aggiunge Anna Finocchiaro “Ovviamente è una scelta che tocca a Prodi. Penso sia da valutare che più espressione unitaria risulterà Prodi alla guida della coalizione, tanto meglio sarà”. Non lo dicono apertamente i dirigenti dei Ds, ma molti di loro temono il ripetersi dell’effetto Rutelli, la lunga telenovela sul capo della Margherita che è pure leader dell’Ulivo ma forse ancora di più leader del suo partito. “Penso – ammette un altro parlamentare diessino, Antonio Soda – che sarebbe un gravissimo errore il ruolo e la funzione di Prodi a leader, sia pure importante e significativo, di una parte soltanto della coalizione”. Anche perché “deve ancora concludere il suo mandato”, e “non va distratto dal suo ruolo”. Meno diplomatico Giacomo Mancini: “L’obiettivo è chiaro: utilizzarlo per portare acqua alla Margherita”. Spiega il giovane deputato: “Ritengo che la proposta di Prodi capolista nasca dalla voglia di riaprire quella fase di competition nell’Ulivo che sembrava chiusa dopo le elezioni amministrative. Nel 2001 hanno cercato di utilizzare Rutelli, adesso Prodi”. Riassume Alberto Nigra, parlamentare torinese: “Quella di Prodi capolista è un’ipotesi utile per la Margherita e discutibile per la coalizione”. E rammenta: “I Ds hanno già pagato un prezzo elettorale e alle ultime politiche, dove ci fu una forte identificazione della Margherita con l’Ulivo, il rischio maggiore potrebbe essere quello dell’abbinamento di un risultato elettorale, magari non brillantissimo, della Margherita alla figura del candidato di Governo”. Dice Vincenzo Siniscalchi, eletto a Napoli: “Per me Prodi coincide con l’elezione in un collegio uninominale come candidato dell’intero Ulivo e con il simbolo dell’Ulivo. Che non può avvenire con le elezioni europee. Forse è bene che aspetti. Secondo il dalemiano Marco Minniti, il problema maggiore è un altro: “Il fatto è che Prodi dovrebbe interrompere la sua esperienza alla guida della Commissione Europea. E sinceramente non so quanto questo sia utile per il suo profilo. Mentre non vedo ragioni di contrarietà di carattere politico, tipo: deve essere al di sopra delle parti”. E comunque, “a meno che in Italia non ci sia una precipitazione elettorale, è bene che Prodi arrivi alla fine della sua esperienza, senza interromperla per ragioni politiche”. E Michele Ventura, coordinatore a Montecitorio dei parlamentari della maggioranza riformista che guida i Ds: “Prodi dovrebbe essere, in tutti i sensi, l’uomo dell’intera coalizione. Parliamoci chiaro: c’è un lavoro di costruzione della coalizione ancora da fare, e se Prodi non sarà impegnato direttamente con una parte lo potrà svolgere in modo più incisivo. Questa è la preoccupazione dei Ds, non quella di una concorrenza alle urne”. Assicura Peppino Caldarola: “Preferirei Prodi senza etichette di partito, ma non farei un dramma se scegliesse di rafforzare una delle componenti dell’Ulivo. La cosa triste sarebbe fare questa scelta come espressione di una parte che, in quanto tale, vuole dirigere tutto”. Dice, Caldarola, che “nella competition le nostre carte sono molto forti”, e che “la candidatura di Prodi viene dalla sua appartenenza all’Ulivo: un’appartenenza partitica diminuirebbe per primo lui”. Francesco Bonito, magistrato e parlamentare pugliese, si mostra più comprensivo: “Un ritorno di Prodi all’attualità politica italiana è da considerare positivamente. Anche come capolista del suo partito”. E non ne soffrirebbe la coalizione? “Non ho questa preoccupazione. Penso che si aun formalismo, un’ipocrisia politica”.
 


 
 
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