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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(MEZZOEURO)
Fomentare le divisioni è antistorico e sbagliato

2/8/2003

Se gli schieramenti potessero portare il nome a simbolo di alcune città, potremmo dire che in ambito regionale Cosenza, parole vostre, si candida ad essere la “palestra modello” per tentare la scalata: come se la passa politicamente questa città, come crede che sia stato speso fino ad ora il tempo ed il retaggio di Giacomo Mancini? “L’Europa deve diventare sempre di più il riferimento dei dirigenti del nostro Paese e della nostra Regione. I grandi mutamenti che in questi anni, ed in questi mesi ancora di più, si sono registrati impongono la necessità di fare riflessioni ed analisi che abbiamo un orizzonte più vasto e non limitato ai particolarismi o, peggio ancora, ai campanilismi che in passato e, purtroppo, ancora oggi sono duri a morire. L’allargamento dell’Unione Europea offre maggiori opportunità, ma consegna anche pesanti rischi. Questo deve essere chiaro ai dirigenti di una regione come la nostra che è tra le più arretrate del nostro Paese e, dal 2004, dovrà saper competere con i nuovi dieci Paesi che entreranno nell’Unione. Per questo è indispensabile un’analisi più alta. Cosenza questo lo ha capito da tempo, fin da quando Giacomo Mancini comprese che per crescere la città aveva bisogno di intessere buoni rapporti con Bruxelles e con i suoi funzionari, non perdendo tempo con la burocrazia lenta e farraginosa di Catanzaro. Questa lungimiranza ha fatto fare un salto di qualità a Cosenza che oggi è diventata e continua ad essere grazie al lavoro positivo della nuova amministrazione, tra le città guida dell’intero mezzogiorno. Dire questo non significa, però, creare contrapposizioni interne e rivalità con le altre realtà della nostra regione, ma significa, al contrario, indicare un metodo di analisi e di governo che ha portato ottimi risultati a Cosenza e che, se esteso al governo della Regione, potrà dare risposte alle tante aspettative dei giovani calabresi tra i quali spiccano intelligenze e competenze uniche e che devono essere valorizzate”. Probabilmente la sostanza più rappresentativa per la sinistra di questa città e di questa provincia è sempre stata la sintesi in più che ha saputo esprimere: una sinistra mai del tutto comunista, mai del tutto socialista, mai del tutto ambientalista, mai del tutto radicale. Di tutto un po’ e un po’ di tutto. Oggi questo può diventare un limite o è possibile trovare volti e idee convincenti per tutti? “Cosenza è sempre stata un laboratorio politico: nel 1963, per volontà di Giacomo Mancini e di Antonio Guarasci, nacque alla Provincia la prima giunta di centrosinistra, un’esperienza che poi fu ripresa con Moro e Nenni a livello nazionale facendo conoscere all’intero Paese, un periodo di crescita economica e di conquiste sociali. Sempre a Cosenza, nei primi anni settanta, nacquero le prime esperienze di governo di sinistra: socialisti e comunisti per la prima volta amministrarono insieme. Questa propensione alla sperimentazione fortunatamente continua ancora oggi e mentre i leader nazionali ragionano su come costituire una coalizione riformista e su come modellarla seguendo l’esempio delle migliori democrazie europee, qui da noi è in stato avanzato la costituzione e la creazione di una grande aggregazione riformista che abbia come simbolo quello della rosa europea e come obiettivo quello di dare una piattaforma programmatica riformista all’intera coalizione. Certamente a Cosenza e in Calabria ciò è possibile perché l’elettorato socialista è vivo ed è presente. Questo consente di poter pensare e programmare un impegno che permette ai socialisti di poter essere protagonisti di una nuova stagione contraddistinta non più dalle fratture e dalle divisioni a sinistra ma dall’unità e dal comune lavoro come ci insegna l’Europa”. Lei questa “sintesi in più” l’ha conosciuta diventando uno dei più giovani deputati d’Italia: ricaricherà da queste parti le batterie a fine legislatura? Se il “modello Cosenza” porta il gonfalone per le Regionali, chi si occuperà invece del futuro della sinistra cosentina e dell’area urbana? “Tra i dati più positivi, e che rappresentano per me un grande motivo di orgoglio, vi è quello che a Cosenza si sta affermando e facendo apprezzare una giovane e preparata classe dirigente. Questo per una regione cristallizzata attorno ad una classe politica immutabile è senza dubbio un elemento assai positivo. Fare parte di una squadra affiatata di dirigenti che amministrano bene le città, che lavorano con impegno e con dedizione nel Parlamento e che cercano di dare voce ad una Regione che deve dialogare con l’Europa è per me motivo di soddisfazione”. Le piacerebbe un giorno fare il sindaco? “Sono appagato di quello che faccio. In questi due anni ho intessuto rapporti di amicizia a Roma ed in Calabria. L’apprezzamento nei confronti della mia persona e del mio lavoro sono aumentati. Cosenza oggi ha un giovane sindaco che fa bene il suo lavoro ed è giusto che in quest’opera venga aiutato e supportato da una dirigenza che sappia lavorare di comune accordo nei municipi, alla Provincia, alla guida della Regione ed a quella del Paese. Questa è la sfida che dobbiamo porci con la volontà di vincerla insieme”. La “grande Cosenza”, il progetto dell’unica città. Al di là della funzionalità dell’idea la cosa più sorprendente è che sia arrivata nella fase più “fredda” degli ultimi anni nei rapporti tra Cosenza e Rende. Perché questa reciproca diffidenza? “La Cosenza del terzo millennio ha confini più ampi rispetto a quella che era abitata da Bernandino Telesio nel 1500: arriva all’Università e si affaccia sul Savuto. Le amministrazioni di questo territorio devono avere la capacità di lavorare per progettare insieme il futuro. Per fare questo c’è bisogno del contributo di tutti, senza alcuna gelosia e senza alcuna paura. Arroccarsi nel proprio municipio non serve e, soprattutto, rischia di non essere compreso dalla maggioranza dei cittadini che pensa che Cosenza, Castrolibero e Rende oggi rappresentino un’unica e grande realtà. E’ necessario che i sindaci delle tre città lavorino in concordia per offrire ai cittadini che hanno l’onore di amministrare, una migliore qualità della vita e servizi più adeguati alle nuove esigenze”. Loiero e Minniti: chi dei due avrebbe più chances di vittoria contro il centrodestra e perché? “E’ assai positivo che due personalità importanti, che hanno nel recente passato occupato posti di rilievo all’interno del Governo nazionale, oggi si occupino da vicino del futuro della nostra regione e dell’organizzazione della coalizione di centrosinistra, che è una compagine alla quale non mancano le energie e le intelligenze. La sfida è quella di governare meglio di coloro i quali oggi hanno la responsabilità di aver fatto poco e niente per la Calabria e di averla allontanata ancora di più dall’Europa. Per vincere non servono divisioni sui nomi, ma è necessario unirsi su un programma di governo che ridia orgoglio ai tanto calabresi che sono convinti di non essere inferiori a nessuno e che in Calabria vi sia la possibilità di realizzare i propri sogni e di trovare soddisfazione”. I ds sono diventati il partito onnicomprensivo e totalmente riformista che tanti socialisti sognano da anni? “Ancora no. Ma tanti passi in avanti sono stati fatti. Fassino sta facendo un ottimo lavoro, D’Alema e D’Amato hanno come riferimento il Partito del Socialismo Europeo. E’ bene che questo obiettivo sia comune a tutti i socialisti. Le contrapposizioni all’interno della sinistra sono inutili e dannose ed agevolano il permanere al governo dei settori che rappresentano la conservazione. Se i riformisti vogliono incidere e veramente cambiare in meglio le cose, devono lavorare insieme. Fomentare le divisioni è antistorico e sbagliato”.
 


 
 
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