Altri politici al posto suo ne avrebbero approfittato. Perché negli
anni targati di garantismo e di inchieste strillate,una passerella in
carcere- tra disadattati e presunti innocenti- per un parlamentare è
sempre una pubblica uscita. In tivù. Strette di mano e momenti di
ascolto che fanno parte del mandato. Nel caso di Giacomo
Mancini, giovanissimo deputato tra le fila dei Ds, le cose
cambiano. Fermamente attaccato alle radici familiari e seguendo
le proprie inclinazioni, il rampollo di casa Mancini non ha divulgato
la notizia del suo incontro, nel carcere di Vibo Valentia, con l?ex
presidente del Cosenza Calcio Paolo Fabiano Pagliuso. Notizia
che però è venuta fuori e che, in un?intervista alla Provincia
Cosentina, è stata confermata dallo stesso parlamentare.
Onorevole Mancini, come si è sviluppato l?incontro con Pagliuso?
«Specifichiamo: io sono membro della commissione giustizia e
del comitato carceri che si preoccupa di verificare lo stato degli
istituti di pena della regione. Nello scorso mese di giugno - se
non ricordo male - sono stato accolto dalla direttrice del carcere di
Vibo Valentia, che tra l?altro è un?ottima dirigente».
Quasi un caso che abbia incontrato Pagliuso.
«Mi sono intrattenuto con una serie di detenuti tra cui anche il
presidente. Ritengo che sia dovere di tutti i deputati verificare i
modi della vita all?interno dei penitenziari e stabilire che la dignità
di ognuno venga rispettata».
Com?è stato il colloquio col presidente?
«Piacevole. È una persona che conosco. Leggendo i giornali
sapevo dei suoi problemi giudiziari e di salute. Su di lui sono state
scritte e dette tante cose. È detenuto da sei mesi ma ancora non
c?è nemmeno la richiesta di rinvio a giudizio. Questo è grave, è
un?anomalia del nostro sistema giudiziario. Pagliuso è un
personaggio noto, però ci sono troppi detenuti nella stessa
situazione».
Si è fatto un?idea delle accuse che lo hanno portato in carcere?
«Non mi sento di entrare nel merito delle questioni. Nel sistema
del calcio italiano comunque è complicato fare una distinzione
netta tra buoni e cattivi. È un mondo dove marciava e marcia un
equilibrio difficile tra il lecito e l?illecito, si tratta di confini fumosi.
E
in questo mondo lui si è mosso, non è giusto condannare un
presidente ed assolverne altri. Non ho elementi per intervenire ed
esprimermi ma la vicenda merita di essere approfondita. E senza
prevenzioni».
Crede che in particolare in città siano prevenuti verso Pagliuso?
«A me dispiace che manchi la riflessione, come spesso avviene
quando si tratta di vicende calcistiche e dunque legate alla
passione. Bisognerebbe scindere le responsabilità sportive da
quelle penali. Essere stato un cattivo presidente- se mai lo è
stato- non vuol dire essere il peggiore dei delinquenti».
Nel carcere di Vibo si è trovato di fronte un uomo molto provato?
«Qualsiasi persona che sta in carcere non sta bene, perché non è
un albergo a cinque stelle come invece afferma il nostro ministro
della giustizia».
Ma le è sembrato rassegnato o battagliero?
«Ripeto, in carcere nessuno sta bene e poi mi sono soffermato
con lui soltanto dieci minuti. Non abbiamo parlato della sua
vicenda giudiziaria, mi ha offerto un caffè, aveva i giornali di quei
giorni e mi ha parlato della sua speranza su un eventuale
ripescaggio della squadra in serie B. Purtroppo non è andata
così».
Crede che la prossima richiesta dei legali di Pagliuso per ottenere
i domiciliari verrà accolta?
«Mi auguro di sì. Io non conosco le carte e non dubito della buona
fede della magistratura ma qui siamo ancora al primo passaggio
verso una definizione giudiziaria, sono in corso le indagini
preliminari con delle accuse tutte da verificare».
La detenzione del presidente Pagliuso unita alle dichiarazioni del
pentito Antonio Di Dieco sugli intrecci mafia-politica (che tirano in
ballo suo nonno defunto e persino Giulio Andreotti), le fanno
venire in mente che a Cosenza ci sia un sistema che sta
sgretolando?
«Pensare questo mi sembra una visione fantastica. Certamente è
assodato quello che diceva Marx, cioé che la storia si ripete la
prima volta sotto forma di tragedia, la seconda sotto forma di
farsa. Anni fa le accuse contro Giacomo Mancini si dimostrarono
infondate e venne assolto con formula piena. Adesso le stesse
accuse - mosse da soggetti diversi - non sono degne di essere
pubblicate. Basta leggere i verbali e uno si fa una risata.
Probabilmente questo signore sta dando una mano ai magistrati
ma non sa niente di politica».
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