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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(LA PROVINCIA COSENTINA)
Mancini jr racconta la sua visita a Pagliuso

25/9/2003

Altri politici al posto suo ne avrebbero approfittato. Perché negli anni targati di garantismo e di inchieste strillate,una passerella in carcere- tra disadattati e presunti innocenti- per un parlamentare è sempre una pubblica uscita. In tivù. Strette di mano e momenti di ascolto che fanno parte del mandato. Nel caso di Giacomo Mancini, giovanissimo deputato tra le fila dei Ds, le cose cambiano. Fermamente attaccato alle radici familiari e seguendo le proprie inclinazioni, il rampollo di casa Mancini non ha divulgato la notizia del suo incontro, nel carcere di Vibo Valentia, con l?ex presidente del Cosenza Calcio Paolo Fabiano Pagliuso. Notizia che però è venuta fuori e che, in un?intervista alla Provincia Cosentina, è stata confermata dallo stesso parlamentare. Onorevole Mancini, come si è sviluppato l?incontro con Pagliuso? «Specifichiamo: io sono membro della commissione giustizia e del comitato carceri che si preoccupa di verificare lo stato degli istituti di pena della regione. Nello scorso mese di giugno - se non ricordo male - sono stato accolto dalla direttrice del carcere di Vibo Valentia, che tra l?altro è un?ottima dirigente». Quasi un caso che abbia incontrato Pagliuso. «Mi sono intrattenuto con una serie di detenuti tra cui anche il presidente. Ritengo che sia dovere di tutti i deputati verificare i modi della vita all?interno dei penitenziari e stabilire che la dignità di ognuno venga rispettata». Com?è stato il colloquio col presidente? «Piacevole. È una persona che conosco. Leggendo i giornali sapevo dei suoi problemi giudiziari e di salute. Su di lui sono state scritte e dette tante cose. È detenuto da sei mesi ma ancora non c?è nemmeno la richiesta di rinvio a giudizio. Questo è grave, è un?anomalia del nostro sistema giudiziario. Pagliuso è un personaggio noto, però ci sono troppi detenuti nella stessa situazione». Si è fatto un?idea delle accuse che lo hanno portato in carcere? «Non mi sento di entrare nel merito delle questioni. Nel sistema del calcio italiano comunque è complicato fare una distinzione netta tra buoni e cattivi. È un mondo dove marciava e marcia un equilibrio difficile tra il lecito e l?illecito, si tratta di confini fumosi. E in questo mondo lui si è mosso, non è giusto condannare un presidente ed assolverne altri. Non ho elementi per intervenire ed esprimermi ma la vicenda merita di essere approfondita. E senza prevenzioni». Crede che in particolare in città siano prevenuti verso Pagliuso? «A me dispiace che manchi la riflessione, come spesso avviene quando si tratta di vicende calcistiche e dunque legate alla passione. Bisognerebbe scindere le responsabilità sportive da quelle penali. Essere stato un cattivo presidente- se mai lo è stato- non vuol dire essere il peggiore dei delinquenti». Nel carcere di Vibo si è trovato di fronte un uomo molto provato? «Qualsiasi persona che sta in carcere non sta bene, perché non è un albergo a cinque stelle come invece afferma il nostro ministro della giustizia». Ma le è sembrato rassegnato o battagliero? «Ripeto, in carcere nessuno sta bene e poi mi sono soffermato con lui soltanto dieci minuti. Non abbiamo parlato della sua vicenda giudiziaria, mi ha offerto un caffè, aveva i giornali di quei giorni e mi ha parlato della sua speranza su un eventuale ripescaggio della squadra in serie B. Purtroppo non è andata così». Crede che la prossima richiesta dei legali di Pagliuso per ottenere i domiciliari verrà accolta? «Mi auguro di sì. Io non conosco le carte e non dubito della buona fede della magistratura ma qui siamo ancora al primo passaggio verso una definizione giudiziaria, sono in corso le indagini preliminari con delle accuse tutte da verificare». La detenzione del presidente Pagliuso unita alle dichiarazioni del pentito Antonio Di Dieco sugli intrecci mafia-politica (che tirano in ballo suo nonno defunto e persino Giulio Andreotti), le fanno venire in mente che a Cosenza ci sia un sistema che sta sgretolando? «Pensare questo mi sembra una visione fantastica. Certamente è assodato quello che diceva Marx, cioé che la storia si ripete la prima volta sotto forma di tragedia, la seconda sotto forma di farsa. Anni fa le accuse contro Giacomo Mancini si dimostrarono infondate e venne assolto con formula piena. Adesso le stesse accuse - mosse da soggetti diversi - non sono degne di essere pubblicate. Basta leggere i verbali e uno si fa una risata. Probabilmente questo signore sta dando una mano ai magistrati ma non sa niente di politica».
 


 
 
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