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Rassegna stampa [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

(GAZZETTA DEL SUD)
Una lezione per costruire la "nuova Calabria"

4/12/2003

Un anniversario importante. Il decimo dopo la elezione di Giacomo Mancini a sindaco della città avvenuta nel 1993. ne parliamo con Giacomo Mancini jr, nipote del leader socialista, deputato e leader del Pse. Cosa è cambiato in questi dieci anni? “Tutto. Adesso c’è una città consapevole delle proprie potenzialità, orgogliosa di essere il punto di riferimento di una nuova Calabria e di un nuovo Mezzogiorno”. Non restiamo nel generico. Cosa vuol dire “nuova Calabria”? “Vuol dire una Calabria che sa utilizzare le proprie capacità, che sa dimostrare di essere all’altezza dei tempi. Non una Calabria retrograda ma una Calabria moderna che punta sulla cultura, sull’università, sulle competenze per produrre idee e sviluppo. E’ stato questo l’obiettivo indicato da Giacomo Mancini, su questa strada dobbiamo continuare ad andare avanti”. Parliamo delle elezioni amministrative del 1993. vuole spiegare l’accordo tra i socialisti manciniani e la destra, anche quella più estrema? “Giacomo Mancini fu, anche in questo caso, un precursore. I vecchi partiti erano in crisi, nella città l’esigenza di un cambiamento, di una vera svolta non veniva avvertita dalle forze politiche. C’era bisogno perciò di decisioni lungimiranti, di accordi con le forze più vive e più attente di questa città. E tra queste c’erano gruppi di giovani di destra che interpretavano ansie e prospettive che coincidevano con quelle di Giacomo Mancini”. L’accordo con la destra non fu insomma solo un’operazione utilitaristica? “Nient’affatto. Non va dimenticato che, sia a livello nazionale che regionale, i socialisti hanno sempre avuto rapporti con alcuni settori della destra. Come non ricordare Luigi Filosa, che fu uno dei primi parlamentari calabresi del Msi e che rappresentò con intelligenza importanti porzioni della società cosentina”. Ma oggi lei non mi sembra granché interessato a riaprire il confronto, il dialogo con la destra. “Non mi interessa la destra dei partiti e delle istituzioni che rappresenta un pensiero lontano mille miglia dai fermenti della destra cosentina del 1993. la destra attuale, quella che governa la Regione, ha tradito gli ideali della destra colta e giovane degli anni Novanta. Ma ci sono, nella destra che conta poco nelle istituzioni, ancora oggi, energie con le quali occorre dialogare”. Dalla destra alla sinistra. Nel 1993 la sinistra dei partiti si schierò contro Giacomo Mancini. Com’è cambiata la sinistra in questi dieci anni? “E’ cambiata. Ma è necessario che acceleri il processo di evoluzione, che rinunci a imitare comportamenti e vizi dei partiti del centrodestra, che danno spazio all’affermazione di quell’antipolitica che non ci fa vincere”. Cosa non debbono fare i partiti di sinistra? “Non debbono usare la politica e le istituzioni come strumenti per l’occupazione del potere. E non possono attardarsi in manovre e iniziative consociative che accomunano centrodestra e centrosinistra nel giudizio negativo della gente. Non possiamo essere inflessibili nella denuncia degli errori e delle inadempienze del centrodestra ed essere poi indulgenti con i nostri difetti”. Nel ’93 la vittoria di Giacomo Mancini fu caratterizzata dalla lotta alla partitocrazia. E anche negli anni a venire i partiti vennero sempre tenuti fuori da Palazzo dei Bruzi. Non le sembra, adesso, che i partiti stiano per rientrare nelle stanze del palazzo? “Mi auguro di no. L’azione del sindaco Eva Catizone non può che svilupparsi nella linea della continuità con l’opera di Giacomo Mancini. Capisco che non è facile, e non è nemmeno giusto, avanzare paragoni tra sindaci differenti per età, storia, carisma. Ed è per questo che è legittimo costruire attorno all’attuale sindaco una squadra che sappia gestire la fase amministrativa e quella politica. Bisogna comunque scongiurare il pericolo che vengano rilanciate le burocrazie dei partiti. indietro non si torna”.
 


 
 
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