La seconda giunta Catizone è al capolinea. A dettare i tempi della conclusione anticipata della attività della Giunta Catizone-bis sono i manciniani del Pse. A fine mese gli otto consiglieri del Pse faranno mancare i loro voti in consiglio comunale sul conto consuntivo che potrebe così non essere approvato. Lo “strappo” in consiglio tra il Pse e il Sindaco dovrebbe spingere Eva Catizone a prendere atto che non dispone più della maggioranza e a rassegnare le dimissioni. Se così non dovesse accadere i manciniani del Pse dovrebbero presentare una mozione di sfiducia al sindaco.
Giacomo Mancini, il giovane leader del Pse, evita però di rendere ufficiali le iniziative che verranno portate avanti nei prossimi giorni a Palazzo dei Bruzi ma conferma che i contrasti con il Sindaco sono diventati insanabili e che le dimissioni di Eva Catizone non sono più rinviabili.
- Parliamo delle elezioni provinciali. Chi ha vinto e chi ha perso?
- Ha vinto il centrosinistra grazie al contributo determinante dell’elettorato socialista che, finalmente, torna ad essere protagonista in tutta la regione. Sono orgoglioso del successo del Pse-Lista Mancini che ottiene 20.301 voti e si attesta sul 5% eleggendo due consiglieri provinciali e nella città di Cosenza si conferma di gran lunga primo partito con 5.010 voti pari al 14,13%. Sono felice che il nostro successo sia accompagnato da quello delle altre liste socialiste. Sommando i voti socialisti del centrosinistra si ottiene la prima forza della coalizione.
- Lei parla dei socialisti come se fossero un’unica entità politica?
- Nell’agenda dei dirigenti della nostra coalizione il primo punto deve essere quello di favorire la coesione di tutte le forze socialiste, comprendendo anche quelle sigle che vivono con fastidio e con sempre maggiore sofferenza la loro alleanza con la destra. E per questo ritengo che i dirigenti socialisti debbano lavorare insieme con la medesima strategia.
- Ma dal centrosinistra arrivano incoraggiamenti in questa direzione?
- Mi sembra di percepire che sia Agazio Loiero che Marco Minniti abbiano ben presente l’importanza della questione socialista ed entrambi, in fasi diverse, abbiano puntato a valorizzare l’esperienza di buon governo socialista soprattutto nella città di Cosenza.
- Quindi via libera al processo di riunificazione dei socialisti?
- No, tutt’altro. All’apertura dei dirigenti più illuminati della nostra coalizione purtroppo seguono ritardi, chiusure ed errori di valutazione di altri. Mi riferisco in particolare ad alcuni dirigenti regionali dei Ds che, invece di valorizzare la storia socialista, cercano di cancellarla e di infangarla. Una posizione sbagliata che non paga nemmeno in termini elettorali.
- Ma i Ds hanno aumentato i loro consensi un pò dappertutto
- Tranne in Calabria. Infatti la linea di D’Alema, di Fassino, di Chiti improntata alla grande generosità politica che ha spinto il partito più grande della coalizione a rinunciare al proprio simbolo per dar vita a Uniti nell’Ulivo è stata premiata dagli elettori che hanno nelle elezioni provinciali ed in quelle locali votato il simbolo della Quercia. In Calabria, al contrario, è stata bocciata dagli elettori la chiusura del gruppo dirigente locale che, oltre a non saper dialogare con i socialisti, ha lasciato fuori dalle porte del partito le migliori esperienze provenienti dal mondo delle professioni, dell’università, del sindacato e dell’impresa.
- Secondo lei gli elettori cosentini e calabresi hanno bocciato la linea “avventurista” dei Ds?
- I risultati elettorali sono impietosi. In Calabria i Ds perdono 8.362 voti, dei quali 6.876 soltanto in provincia di Cosenza.
- Che fare allora?
- L’obiettivo è vincere alle regionali del prossimo anno. Per farlo è indispensabile fare guidare la coalizione da dirigenti che capiscano le potenzialità che ci sono al nostro interno e che mettano alla porta chi invece coltiva interessi di piccolo cabotaggio e chi ha alle spalle una lunga storia di insuccessi.
- Siamo arrivati al caso Cosenza, allo scontro con la Catizone e con i Ds. Di chi la responsabilità dello sfarinamento della coalizione che ha vinto le elezioni amministrative del 2002?
- Quello che sta succedendo a Cosenza è l’ennesimo fallimento di quelli che abbiamo definito in campagna elettorale i professionisti della distruzione che pensavano di ottenere consenso, distruggendo il Modello Cosenza e sostituendo le donne e gli uomini protagonisti della rinascita della nostra città con modesti funzionari di partito. Il risultato è stato opposto e deve favorire un’analisi critica del percorso intrapreso.
- Cosa pensate di fare?
- Gli elettori hanno detto che il modello di buon governo posto in essere da Giacomo Mancini deve continuare. Registro con grande apprezzamento le prese di posizione dei segretari della Margherita, dello Sdi e di Rifondazione Comunista che sono d’accordo su questa impostazione e che hanno espresso la loro preoccupazione per le ennesime esternazioni del Sindaco e della guida amministrativa della città che hanno cercato di infangare i successi amministrativi degli ultimi dieci anni.
- Vede un futuro per il Sindaco e la sua giunta?
- Registro con preoccupazione una scollatura sempre più profonda tra la cittadinanza e la guida amministrativa. Sono stati commessi troppi errori, uno dietro l’altro, che sono stati condannati dal corpo elettorale. Ritengo che oggi debba prevalere un sussulto di dignità ed una dimostrazione di sensibilità democratica che sia coerente con il risultato che è uscito dalle urne. Il Sindaco deve dimettersi così da rendere possibile l’azzeramento delle scelte amministrative che hanno tradito il Modello Cosenza.
- E se così non dovesse essere?
- Sarebbe l’ennesima dimostrazione di arroganza di una guida amministrativa che non ha il consenso né nella città, né in consiglio comunale. In quel caso le forze più responsabili della coalizione dovranno mettere in campo un progetto alternativo che, passando dalle urne, consenta alla nostra città di riprendere un cammino ricco di successi e di abbandonare questa pericolosa regressione di cui nessun cosentino sente il bisogno.
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