A pensarci bene non ci riuscirono in fondo neanche Mancini e Craxi a farne un unico partito. Ne avevano uno per conto proprio. E non era un’appropriazione indebita, né tantomeno si può dire che gestivano correnti.
La faccenda poi l’abbiamo liquidata con la storia che erano incompatibili caratterialmente. E lo erano, per carità. Ma i socialisti italiani sono endemicamente divisi quanto unicamente indivisibili.
Non ci puoi far nulla. Non si può scegliere un’opposizione e tralasciarne l’altra. Non c’è riuscito un 15% da gestire. Non ci sono riusciti ministri, sottosegretari, presidenti di Regione. Non c’è riuscito un presidente del Consiglio. Il socialista non si uniforma. Perché dovrebbe riuscirci oggi in Calabria? C’è davvero questa pazza voglia di unire il Garofano?
- Lei ne ha, onorevole Mancini?
- La sola e unica novità emersa nell’ultima tornata elettorale in Calabria è rappresentata dal successo delle liste di ispirazione socialista all’interno del centrosinistra e da quello della lista di unità socialista alle elezioni europee. I numeri sono più chiari di qualsiasi ragionamento: in provincia di Cosenza lo Sdi con 38.209 voti ha raggiunto la percentuale del 9,6 % ed il Pse-Lista Mancini con 20.301 voti quella del 4,92%. La somma sfiora il 15% e rappresenta la prima forza della coalizione, se poi a questo dato si somma il risultato lusinghiero conquistato dal Nuovo Psi di 15.832 voti con il 3,84% ritorniamo ai dati del Psi nel momento di maggiore espansione. Le province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia confermano la tendenza grazie al successo ottenuto dagli amici di Pino Napoli a Crotone, di Rosario Olivo a Catanzaro e dai giovani compagni di Vibo Valentia. Alle Europee poi la lista di unità socialista ottiene 70.767 voti in Calabria pari al 7%. E contribuisce in maniera determinante all’elezione di un parlamentare che mi auguro possa sedere presto tra i banchi del Pse. Oggi ai numeri deve essere conseguente l’azione politica. I dirigenti che provengono da una storia socialista devono avere l’intelligenza di capire che è giunto il momento di mettere da parte le divisioni e di lavorare insieme per incidere maggiormente sul quadro politico attuale.
- Le scelte politiche per solito non seguono logiche uguali all’associazionismo culturale. Unirsi, dunque, dovrebbe avere un senso concreto. Quale, un terzo polo?
- Fino a quando la grande e gloriosa casa dei socialisti è stata in piedi nesuno ha mai messo in discussione la sua collocazione, quando essa è crollata ognuno ha seguito legittimamente la sua strada con alterne fortune. Se oggi si vuole costruire una grande casa comune essa non può che stare nello stesso luogo dove la eressero i padri fondatori: quello occupato da Filippo Turati quando ha iniziato le sue battaglie in favore degli operai del Nord e dei contadini del Mezzogiorno, e quello ribadito da Pietro Nenni quando nel 1963 entrò nella “stanza dei bottoni”.
- Nel resto d’Italia però questa voglia non è venuta ancora a nessuno...
- Ritengo che questo sia dovuto da due elementi, il primo è il forte radicamento che l’elettorato socialista ha in Calabria, l’altro è dato dalla cristallizazione della classe dirigente regionale che è sempre la stessa da decenni e che non ha conosciuto neanche nella fase della cosiddetta seconda repubblica nessun sostanziale allargamento. Basti vedere cosa succede a sinistra dove nessun esponente di spicco dei Ds proviene da una storia diversa da quella comunista.
- Ma secondo lei davvero un socialista non cambia mai, è inconfondibile? Chi è un socialista, che orgoglio si porta dietro, che uomo è?
- Non c’è comune della Calabria in cui non si incontri una presenza ed una testimonianza delle tante battaglie che i socialisti hanno condotto per la modernizzazione della nostra regione. Nelle tante manifestazioni alle quali partecipo mi è sempre capitato di incrociare visi seri e onesti, di stringere mani robuste e callose di uomini che dopo essersi presentati estraevano dal proprio taschino una tessera socialista o dal proprio portafoglio una foto di una qualche manifestazione dove sventolavano le bandiere rosse. Certamente le battaglie dei decenni passati sono differenti da quelle che dovremo affrontare nel futuro. I figli dei contadini e dei braccianti con il fazzoletto rosso al collo e le scarpe con le suole consumate di allora oggi sono professionisti, impiegati, commercianti e imprenditori, ma l’esigenza di allora di lavorare per dare alla nostra regione infrastrutture, ospedali, scuole ed università è la stessa che oggi deve spingere i socialisti a lavorare per offrire ai giovani calabresi maggiori opportunità e maggiori diritti, tendendo alla creazione di nuove occasioni di crescita.
- E se unirsi servisse in fondo al Nuovo Psi solo per spaventare Trematerra, Pittelli e Traversa e a Pse e Sdi per fare altrettanto con Adamo, va bene lo stesso?
- La tattica fa parte della politica. Oggi però ritengo che il progetto di unire e di lavorare insieme tra socialisti possa essere finalmente raggiunto e si possano sconfiggere coloro i quali, in questi anni, hanno lavorato con l’unico obiettivo di dividere i socialisti mettendoli gli uni contro gli altri. Probabilmente l’errore commesso da molti di noi, in questi ultimi dieci anni, è stato proprio quello di non capire che la risoluzione della questione socialista non poteva essere delegata ad altri, ma doveva essere affrontata da noi stessi.
- Il rapporto con Nuovo Psi e Sdi?
- Nel corso dell’ultima campagna elettorale Cosenza, la capitale del socialismo calabrese e meridionale, è stata colpita al cuore da chi pensava di poter distruggere impunemente il radicamento socialista che, grazie all’acume politico ed alla capacità amministrativa di Giacomo Mancini, è cresciuto superando anche i colpi mortali delle persecuzioni giudiziarie. Il lavoro di distruzione accompagnato da miserabili calunnie è stato perpetrato nel silenzio assordante e pavido dei più. Solo due dirigenti hanno levato forte la propria voce di protesta indignata: Enrico Boselli e Saverio Zavettieri.
- Certo è che con gli ex comunisti il feeling non scatta, non c’è che dire. Era vero un tempo e vale anche oggi. Ma perché?
- A Roma lavorano dirigenti della sinistra capaci di apprezzare e di valorizzare la storia socialista e pronti a spendersi con determinazione per creare uno stabile rapporto con il filone del socialismo europeo. In Calabria solo Marco Minniti ha avuto la capacità di lavorare per creare un rapporto di collaborazione leale e rispettosa tra i socialisti e la sinistra democratica. I suoi sforzi lodevoli e apprezzabili, però, sono stati isolati all’interno del suo stesso partito regionale dove, alcuni dirigenti, pensano di poter ereditare i voti socialisti infangando la nostra storia e calpestando le nostre bandiere e poi sperano di vincere le campagne elettorali inviando i pomodorini di Belmonte a qualche vecchio rudere.
- Aritmeticamente state bene insieme, non c’è che dire. Più onestamente penso che se candidassero di certo Chiaravalloti alla presidenza della Regione e al Pse venissero restituiti i ruoli democraticamente conquistati al Comune e alla Provincia di Cosenza, quella di lunedì potrebbe anche diventare una bella rimpatriata da ripetere ogni anno. La penso proprio male?
- Davanti a noi abbiamo sfide importanti. I calabresi, soprattutto i più giovani, non possono essere condannati ad essere rappresentati da una classe dirigente debole e impresentabile. Le battaglie socialiste sono attuali e moderne. Io ritengo che possano servire per dare linfa e forza ad una coalizione riformista capace di invertire la china imboccata da questa destra. Per fare questo però c’è bisogno dell’impegno e della presenza dei socialisti che devono rappresentare il motore trainante di una regione che ambisca ad essere protagonista in Europa. La manifestazione di lunedì può rappresentare un passo importante verso la conquista di questa frontiera che merita di non essere barattata in cambio di alcunché.
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