I socialisti calabresi rispolverano un album di famiglia che sembrava cancellato dalla storia, seppellito dalla polvere dei faldoni giudiziari, strappato da quella mattanza giustizialista che ha sedimentato rabbia, rancori, voglia di rivincita. E voglia di gridare: siamo tornati.
Ieri i socialisti di tutte le razze si sono rivisti per la prima volta a Cosenza, in quel Cinema Italia che negli anni arrembanti del Psi è stato la culla di tanti congressi del Garofano. Un appuntamento che qualcuno ha già segnato nel calepino della storia, soprattutto perché quei 700-800 socialisti presenti, giunti da ogni angolo della Calabria, hanno avuto l’occasione di liberare sentimenti per troppo tempo confinati nel purgatorio della politica.
C’erano i militanti dello Sdi, del Nuovo Psi, del Pse-Lista Mancini, dei Laburisti, dei Liberalsocialisti, del Movimento Socialismo e Libertà. Tutti con in testa una sola parola d’ordine, molla di emozioni che ha fatto scattare applausi da curva sud: unità dei socialisti calabresi. Bastava questo richiamo per eccitare i ricordi ma anche per riaprire ferite mai cicatrizzate. Se fosse stato per loro, già ieri sera le anime riformiste, satelliti dei due schieramenti, avrebbero costituito un unico spirito forte anche di consensi che in Calabria fanno la differenza. Invece sul palco c’erano gli strateghi, colonnelli e generali impegnati in una difficile lotta per sopravvivere nei due poli. Il vessillo dell’unità socialista, in una fase in cui si definiscono gli assetti per le prossime elezioni regionali, è uno scudo. Il senatore Cesare Marini, il deputato Giacomo Mancini e l’assessore Saverio Zavettieri, sanno che agitare il fantasma del Garofano significa evitare di essere fagocitatidagli alleati. La volontà di rimettere insieme i cocci del Psi deve fare i conti con una “ratio” della politica che non ammette deviazioni: o Zavettieri riabbraccia i compagni socialisti del centrosinistra (è la proposta di Sdi e Pse) o Marini e Mancini salpano l’ancora dal porto dell’Ulivo e imboccano la strada dell’autonomia, del terzo polo (è l’idea di Zavettieri). In questa fase nessuno può e vuole fare la mossa decisiva. La brace infiamma il popolo socialista, ma il progetto di riunire le anime della diaspora serve a sgomitare nelle due coalizioni. Così il senatore Marini è pronto a sottoscrivere il patto con Zavettieri; intanto, però, rintuzza l’idea della candidatura a presidente della Regione del rettore dell’Unical, Giovanni Latorre: “Il ruolo dell’Università non è quello di partecipare alle gare del potere, le avanguardie intellettuali devono avere altri ruoli in questa regione”. Poi spiazza tutti: “Facciamo decidere il candidato ai cittadini attraverso le primarie, spero che gli altri partiti abbiano il coraggio di imboccare questa strada”. Per i socialisti del centrosinistra il partito cannibale è quello dei Ds. “Volevano appropriarsi della nostra identità – ricorda il senatore dello Sdi – siamo in una casa in cui c’è un padrone che tenta di pugnalarci”.
Sulla stessa scia Giacomo Mancini. Anzi, il possibile rifugio socialista può essere determinante per la sua prospettiva politica, alla luce “dell’ignobile ribaltone contro i frutti della migliore stagione politica di Cosenza, quando è stato concepito il tradimento contro i socialisti (il riferimento è alle scelte della Catizone e di Oliverio”. Gli applausi rimbombano in un cinema che sta proiettando “l’orgoglio socialista”.
Tocca a Zavettieri riportare tutti con i piedi per terra, alimentando le diffidenze nei confronti dei Ds, ribadendo il tracciato autonomo dei socialisti (tesi cara a Claudio Signorile che ha concluso il confronto), chiedendo al governo Chiaravalloti (di cui è asse portante) un cambio di rotta. L’unità socialista? Se ne parlerà al congresso di dicembre. La partita a scacchi continua.
ANTONIO SIRACUSANO
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