Un grande avvenimento democratico. Il segno di un partito che considera la presenza sul territorio e il rapporto con i cittadini e con i problemi un fatto di importanza prioritaria. La risposta migliore a chi vuole allontanare i cittadini dalla politica, a chi pensa alla politica come esclusivo esercizio del potere”.
Questo il biglietto da visita del congresso provinciale Ds, esibito da Mario Franchino, il segretario uscente della Quercia cosentina, alla platea dei congressiti e agli ospiti convenuti nel teatro Italia per la terza assise del partito. Il congresso ha preso il via ieri pomeriggio, ma il suo cuore batterà soprattutto nella giornata di oggi, con il dibattito che inizia alle 9 e che, lasciando spazio qua e là ad ospiti di peso come Agazio Loiero e Marco Minniti, darà voce alle quattro mozioni e in serata eleggerà il segretario (ma è scontata la conferma di Franchino), la nuova direzione provinciale e i delegati al congresso regionale. I delegati, calcola e ricalcola, sono diventati 612 in gran parte allineati con le tesi di Fassino che ne ha conquistato alla fine ben 499, mentre ne sono stati assegnati 92 alla mozione Mussi-Folena, 5 a quella di Salvi e 15 alla mozione Bandoli. I lavori sono stati aperti da un saluto, ai convenuti, da parte del vicesindaco del capoluogo Maria Francesca Corigliano, che ha letto anche un messaggio inviato dal primo cittadino Eva Catizone. C’è stato anche il saluto affidato ad un video, di Sandro Principe, sindaco di Rende. Dopodiché ha preso la parola Franchino. Ha parlato per un’ora buona, sottolineando tra l’altro la realtà di primo partito assegnata ai Ds dalle elezioni provinciali e spronando ad un impegno corale perché un risultato ancora migliore, e su tutto il territorio calabrese, venga espresso dalla consultazione regionale che dovrà decretare l’affermazione del centrosinistra. Quella di aprile è una scadenza alla quale risulta “assolutamente ingiustificabile il comportamento di settori minoritari della coalizione i quali, per esclusive insoddisfazioni di organigrammi nei governi della provincia e del Comune di Cosenza sono colti da un piglio denigratorio che si indirizza verso gli alleati del centrosinistra e soprattutto verso i Ds” ha detto Franchino rivolgendosi ai “compagni del Pse-Lista Mancini”, ai quali ha sottolineato: “non siamo stati noi a rompere il patto federativo”. Qualcosa che Giacomo mancini, del Pse, quando la parola è passata ai capi-delegazione delle forze di centrosinistra ospiti del congresso (c’erano anche Verdi, Sdi, Margherita, Rifondazione comunista, Udeur, Italia dei Valori, Comunisti Italiani) ha respinto al mittente con veemenza nel suo intervento. E’ impensabile definire un percorso comune come se qualcuno tra di noi continua a privilegiare le esclusioni e le mortificazioni a discapito del rispetto di ciò che rappresentiamo” ha detto Mancini, il quale tra l’altro ha asserito che l’intuizione dalla quale nel ’96 scaturì l’accordo tra suo nonno, allora sindaco di Cosenza e Marco Minniti “rappresenta l’embrione del progetto federativo che Prodi sta portando avanti oggi”. Quell’intuizione ha evidenziato, è stata sacrificata da chi “nei mesi scorsi ha tentato cancellarla e sfregiarla con una cattiveria che nemmeno il più stolto tra i suoi oppositori avrebbe usato”. Quell’accordo è saltato, ha insistito Mancini, per “incaute manovre di palazzo”. Alla rottura maturata nel centrosinistra cosentino, subito dopo la vittoria alla provincia, ha accennato nel suo messaggio anche Eva Catizone, riferendo di politica dalle corte vedute e di personalismi e intemperanze che mettono il freno a un’azione politica unitaria, forte e coesa.
|