Giacomo Mancini, deputato al Parlamento, membro della commissione giustizia della Camera, ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Appello di Catanzaro.
Questo il testo del suo intervento:
La relazione del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, come di consueto, ha proposto tematiche e stimolato analisi che hanno indirizzato il dibattito politico e la dialettica tra i diversi partiti politici, tra i rappresentanti della magistratura e quelli dell’avvocatura.
Alcuni tra i temi più importanti sono stati, anche oggi, ripresi.
Non voglio, qui, indugiare sugli argomenti più generali inoltrandomi in una discussione che è oltremodo interessante.
Mi soffermerò invece sulla specificità che la nostra regione e questo distretto offrono.
La Calabria è, purtroppo, ancora troppo distante dall’Europa e del tutto irrilevante all’interno del bacino del Mediterraneo.
Non per questo, però, presenta lo stesso tessuto sociale sul quale agli inizi del secolo scorso è stato modellato il nostro sistema giudiziario: i centri urbani sono in continua espansione, l’istruzione media aumenta, le università crescono e si affermano nel panorama nazionale, le iniziative imprenditoriali non sono più rare e sporadiche.
Nonostante ciò, l’amministrazione della giustizia sembra insensibile ai cambiamenti della realtà che la circonda. Segna il passo. Offre ai cittadini un sistema anacronistico, farraginoso, poco equo e poco giusto.
L’organizzazione degli uffici sul territorio è carente, l’organico è numericamente inadeguato, i mezzi sono pochi e insufficienti e continuano ad diminuire per come dimostra la vicenda dei tagli dei fondi per la registrazione e la trascrizione delle udienze che abbiamo denunciato e combattuto in Parlamento.
Le conseguenze per lo Stato e per i cittadini, è stato denunziato con forza anche qui, sono negative.
Spesso con ragione si afferma che la Calabria ha bisogno di una forte e convinta azione riformatrice.
Questa necessità si avverte come inderogabile anche sui temi della giustizia.
Eppure sarebbe stato questo il momento più propizio. Se non ora quando?
La Calabria esprime una presenza numericamente qualificata all’interno del Governo. Sarebbe stato giusto e sarà doveroso affrontare priorità che necessitano di un intervento che, purtroppo, ancora non c’è stato.
Per una volta, almeno per una volta, tentiamo di mettere da parte logiche inconcludenti a difesa dei propri campanili e mettiamoci tutti quanti dalla parte della giustizia e dei cittadini.
E’ necessario istituire maggiori corti d’Assise, potenziare i Tribunali della Libertà, confermare l’esperienza dei giudici onorari. Gli organici attuali non appaiono sufficienti per smaltire la mole di cause iscritte a ruolo.
Non è più rinviabile l’istituzione della Corte d’Appello di Cosenza, ritengo addirittura superfluo elencare le ragioni a sostegno di questa impellente esigenza.
Le emergenze che esistono e le grida di allarme che si registrano possono trovare soluzione soltanto pensando ad una organizzazione che sappia percepire i cambiamenti e le modificazioni della società che ci circonda.
Evitiamo di inseguire scorciatoie che già si sono dimostrate fallaci e perdenti.
Le fenomenologie criminali, soprattutto quelle associative, non si combattono con leggi emergenziali che calpestano i diritti di libertà costituzionalmente garantiti e con la proliferazione di commissioni di inchiesta i cui risultati positivi è difficile rintracciare.
Al contrario, sarà utile proporre un’azione di contrasto al crimine avendo la capacità di fare affermare istituzioni forti e credibili.
In Calabria non sempre è così. Troppo spesso le istituzioni offrono comportamenti negativi. Anche la magistratura non è esente da critiche.
Abbiamo bisogno di operatori della giustizia onesti e preparati che facciano il proprio dovere seriamente e quotidianamente. In questa aula mi piace rivolgere un commosso pensiero al consigliere Vincenzo Calderazzo, esempio di correttezza e di imparzialità.
Gli avvicendamenti di sede e di funzione devono essere incoraggiati e non certo temuti. Bisogna rifuggire da chi si auto proclama depositario di infallibili strategie investigative.
Non aiutano gli incarichi a vita negli stessi distretti. E’ bene che l’azione della magistratura giudicante ed inquirente non sia condizionata dai rapporti personali e familiari che inevitabilmente vengono allacciati nel corso dei lustri e dei decenni.
Un tessuto sociale che si trasforma somma alle vecchie criticità, nuovi e più intensi pericoli.
Penso all’erogazione del credito che in Calabria registra punti di crisi sconfinanti in quell’illegalità che il nostro Paese in questi momenti sta imparando a conoscere.
E’ importante essere presenti. Ascoltando anche le denunzie provenienti dalla Chiesa, che meglio di altre istituzioni, è in prima linea dove la tenuta sociale è più fragile.
Guai a generalizzare, però. Chi fa impresa ed investe favorendo la crescita della società e del territorio va non solo protetto, ma sostenuto e incoraggiato. Chi, al contrario, alimenta settori negativi, traendo vantaggio dal silenzio delle istituzioni, va contrastato con durezza.
Sono queste le sfide che una moderna magistratura deve saper affrontare e che una classe dirigente matura deve saper governare.
Purtroppo è ormai chiaro, a metà della legislatura, che l’azione di questo Governo va in direzione opposta.
Le proposte di riforme organiche sono bloccate nelle Commissioni Parlamentari. I provvedimenti generali lasciano il passo a quelli nell’interesse di pochi.
Ed intanto la sfiducia dei cittadini aumenta, la soglia di legalità si abbassa, l’ordine pubblico ne risente.
Anche sui temi della giustizia il nostro Paese perde in credibilità.
A questo declino è giusto opporsi e lavorare per una alternativa migliore che costruisca un Paese più libero e più giusto.
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