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Dichiarazioni [ARCHIVIO ANNI PRECEDENTI]

L'intervento di Giacomo Mancini alla convention del Pse-Lista Mancini

11/5/2004

Sono felice di poter incontrare qui amici di vecchia data, quella di oggi è anche l’occasione per intessere nuovi rapporti, contattare nuove amicizie, salutare prestigiosi e autorevoli amici. Io sono contento che oggi ci abbia onorato della sua presenza Tonino Acri, perché il suo è stato un atto di grande cortesia nei nostri confronti che tutti noi abbiamo apprezzato. Egli ha fatto bene da presidente della Provincia. In questi 10 anni l’ha guidata in maniera, autorevole ed ha dato credibilità a questa istituzione. Io ritengo che tutti i cittadini del nostro territorio gli debbano essere grati per l’opera che egli ha svolto. Io ad Antonio Acri sono legato perché la mia attività politica l’ho iniziata nel suo Consiglio Provinciale. Cinque anni fa, stimolato da mio nonno, mi candidai nel collegio di Lago e fui eletto consigliere provinciale e iniziai la mia attività politica seduto nello scranno che all’epoca si trovava nel centro storico della nostra città e io ritengo che uno dei punti qualificanti del governo Oliverio dovrà essere quello di far tornare la sede della Provincia nel centro storico. Ed è proprio da quello scranno, era una giornata di agosto del 1999, che io presi la parola, seduto vicino a mio nonno, e con grandissima emozione mi alzai in piedi, mi sistemai il microfono, c’era all’ordine del giorno l’elezione del presidente del consiglio provinciale, e per quella carica proposi all’assemblea dei consiglieri la figura di Cecchino Principe. Devo dire che grande gratitudine non ne ho avuta! Così ho iniziato la mia avventura e d oggi quell’avventura, che non è soltanto la mia ma è quella di tutti quanti noi, ricomincia nuovamente. Mi fa piacere che ci sia questo clima di entusiasmo e di voglia di fare bene. Questo entusiasmo ricalca un pò l’entusiasmo di una decina di giorni fa, del primo maggio 2004, quando è nata la nuova Europa. Sarà questa una data di fondamentale importanza nella storia dei decenni futuri. Nella nuova Europa sono stati accolti con i fuochi d’artificio decine di migliaia di cittadini che hanno aperto le loro case all’arrivo delle Repubbliche Baltiche, dei Paesi dell’Est e delle isole del Mediterraneo che disegnano un nuovo panorama con il quale noi necessariamente dobbiamo fare i conti. Si aprono nuove sfide, aumentano le possibilità, aumentano le opportunità, ma non sono distanti i rischi, i timori, le paure: c’è l’aumento della concorrenza, la perdita delle certezze che fino a qualche momento prima erano incrollabili, gli equilibri diventano più complessi e difficili, aumenta la disparità e anche l’insicurezza. E da qui che nasce la sfida della classe dirigente. E questa sfida la destra l’ha fallita. L’altro giorno è stato il 4 di maggio, non una data storica. Però il governo del nostro paese ha superato la soglia dei 1060 giorni. Il governo Berlusconi è diventato il governo più longevo nella storia del nostro Paese. Ha superato il governo di centrosinistra guidato da Bettino Craxi. E’ stata una tappa numericamente importante ma che non ha dato nessuna credibilità al nostro Paese. Il governo presieduto da Bettino Craxi aveva la capacità di dare una credibilità internazionale al nostro paese. Ricordiamo gli scenari di guerra che c’erano nel 1984 e che erano causa di difficoltà nel panorama internazionale. Si era registrato il dirottamento dell’Achille Lauro, c’era stata l’uccisione del cittadino americano Leo Glinkoffer. Fu trovato il terrorista palestinese che si era macchiato di tale terribile crimine. Fu messo in un aereo e questo aereo fu costretto ad atterrare a Sigonella. Lì il governo di Bettino Craxi impedì agli americani di fare i prepotenti, di alzare la voce, di dettare regole in un nuovo ordine mondiale. “No - fu detto - In Italia c’è uno stato di diritto e lo stato di diritto deve valere per tutti”. In quel modo Bettino Craxi che era a capo di un governo amico degli americani diede credibilità al Paese e fece capire che c’era un Paese che non assecondava i soprusi di nessuno. Oggi questo governo non c’è. Per una questione di opportunismo il nostro governo è capace di fare qualsiasi cosa. Anche condannare in maniera flebile queste cronache terribili e drammatiche delle persecuzioni nelle carceri irachene. Tutto ciò fa perdere di prestigio, allontana il nostro Paese dal centro del dibattito politico. E a questo fallimento purtroppo se ne aggiungono altri di fallimenti. Forse anche più drammatici, quelli della politica interna. Il Paese è senza sicurezza, ci sono problemi nell’ordine pubblico, di tenuta sociale, di instabilità economica, di incertezza diffusa per il futuro. E la cifra più inquietante di questo fallimento, purtroppo, la viviamo noi che siamo i cittadini del Mezzogiorno d’Italia. E qui che il governo ha fallito ancora di più che negli altri campi. Al modello di sviluppo propagandato con questi grandi poster nel 2001 è subentrato subito un modello vecchio, clientelare, caratterizzato dalla peggiore gestione della vecchia partitocrazia. In questo modo i tanti elettori di destra sono stati traditi, sono stati traditi quei fermenti e quella dignità presenti anche in una destra diffusa anche nella nostra città, che è una destra onesta, perbene e che si richiama all’impegno di figure importanti come Luigi Filosa, come Giulio Adimari, come Raffaele Valensise, che portavano nel loro agire politico quell’onestà e quella correttezza che da questo governo è stata tradita ed è stata messa da parte. Non è necessario citare dati e fatti. Basta semplicemente pensare alle persone che ha mandato questa destra da Roma in Calabria per capire il tradimento a quella destra perbene che noi rispettiamo nella nostra città. Oggi io ritengo che sia arrivato il momento di iniziare un percorso di riscatto. Di mettere in piedi un progetto alternativo dove abbiano ruolo e spazio e siano protagonisti i tanti talenti della nostra regione che vogliono essere competitivi, che chiedono alla politica più diritti e più opportunità. Noi siamo ricchi nella nostra terra di talenti. C’è l’ingegnere civile di Acri che vuole utilizzare le competenze apprese alla nostra università per migliorare la vivibilità del suo paese. C’è l’archeologa di Corigliano che è consapevole delle potenzialità che può offrire il patrimonio di Sibari per lo sviluppo della nostra terra. C’è la storica dell’arte di Papasidero che vuole mettere in rete il fascino delle Grotte del suo paese insieme alla storia e alla tradizione della Riviera dei Cedri. C’è la guida del Pollino che si interroga sul perché manchino ancora le strutture alberghiere e ricettive per ospitare i tanti turisti che visitano i nostri splendidi parchi. C’è l’imprenditore di Bocchigliero che si dispera per la lentezza della regione nell’erogazione dei finanziamenti. Ci sono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, di Belmonte, di Bisignano, di Marano, di Paola, di Montalto, di Cariati, di Rogliano che sono vogliosi di affermarsi nelle loro professioni e che si indignano quando vedono che chi non possiede i loro titoli viene assunto alla regione e non si capacitano che ciò possa avvenire anche, purtroppo, con il consenso di alcune forze di centrosinistra. Ci sono poi gli amministratori locali di Cassano, di Malito, di Rocca Imperiale, di Tortora, di Francavilla che hanno elaborato ottimi progetti per il miglioramento della loro comunità ma che sono condannati ad aspettare da anni che la regione rispetti i loro diritti e quelli dei loro cittadini così come, nella nostra terra, c’è il ragazzo di Corigliano vittima di un incidente stradale e costretto su una sedia a rotelle che ogni giorno è costretto a lottare perché i suoi diritti non siano inferiori a quelli degli altri. È questa la terra che noi vogliamo rappresentare, sono questi i diritti ai quali noi vogliamo dare una risposta e una possibilità di crescita, di miglioramento, di affrancamento dal bisogno e di creazione di nuove opportunità. Per fare questo c’è bisogno di un progetto. Un progetto di una grande alleanza tra le forze riformatrici. Per questo ci piace il progetto messo in campo da Romano Prodi. Ci convince il coraggio e la disponibilità fatta registrare da Francesco Rutelli, da Enrico Boselli e anche e soprattutto da Piero Fassino, che hanno capito che nell’organizzazione partitica attuale, soprattutto in periferia, ci sono dei limiti ci sono delle difficoltà e quindi hanno ritenuto di mettere in campo un nuovo progetto che, mi auguro in un domani non troppo lontano, possa confluire in un grande progetto di partito unico di tutti i riformisti del nostro paese. In questo progetto noi ci stiamo e ci stiamo bene e non abbiamo bisogno di aspettare il semaforo verde di qualche dirigente locale. Ci stiamo bene! Ci stiamo bene e non abbiamo nessun bisogno di ricercare alchimie tra i rapporti di sigle, tra le sigle, tra le alleanze e tra i patti. No, ci stiamo bene perché siamo figli di questa terra e conosciamo i rapporti che si sono intessuti nel corso degli anni nella nostra terra , nel nostro territorio, nella nostra città. Conosciamo bene quali percorsi comuni i militanti socialisti hanno trascorso e hanno cementato con i militanti della sinistra democratica. Sappiamo bene quale sintonia ci sia tra la nostra cultura e la cultura che è diversa da noi ma che con noi vuole costruire un percorso futuro. Ripeto, non servono alchimie, non servono rapporti di sigle. Serve conoscere la realtà. E nella nostra realtà vediamo che tanti amici, che tanti compagni, mi piace che sia stato rievocato qui questo termine, che hanno combattuto nel vecchio partito comunista, che hanno creduto e hanno seguito quegli ideali di libertà e di progresso espressi nelle battaglie di Fausto Gullo, di Luigi Gullo che insieme a Pietro Mancini, a Michele Cozza, a Ciccio Spezzano, hanno migliorato la nostra terra, mi piace che vi sia la collaborazione tra quei militanti che hanno creduto nel modo onesto di far politica all’interno dei partiti del compagno Mimmo Garofalo si ritrovino insieme ai nostri amici. Mi piace che coloro i quali hanno combattuto ed hanno creduto nelle battaglie riformiste all’interno del sindacato di Ciccio Medaglia lavorino insieme a noi. Questo è bello perché è questo che ci dice la nostra terra, è questo che ci inducono a fare i rapporti che in questi anni, in questi decenni si sono intessuti tra noi, siamo uomini dotati di sentimento, di capacità di elaborazione, dove i rapporti personali dei politici segnano insieme la traiettoria da seguire. E ci piace il progetto di Romano Prodi che ci consente di rafforzare ancora di più quel rapporto di collaborazione che anche qui, a partire da questa città, noi abbiamo stretto con coloro i quali hanno militato nel partito di ispirazione cattolica e democratica. Anche qui non occorre aspettare il via libera del dirigente del partito importante. No. Occorre vedere che cosa è successo qui e se noi ricordiamo le nostre storie, quelle storie che si sono unite insieme di rapporti di amicizia con i bravi parroci della nostra città, gli ottimi uomini di chiesa che quotidianamente lavorano per sconfiggere il bisogno, che tante energie profondono per il miglioramento della vita degli indigenti, dei bisognosi, di coloro i quali sono ultimi e non ce la fanno se non con l’aiuto e il sostegno degli uomini di chiesa. C’è bisogno non tanto e non solo di rievocare ciò che è successo a Cosenza negli ultimi dieci anni. Bisogna in qualche modo rievocare le storie, i rapporti anche delle nostre famiglie. Vedo qui Pietro Mari, lui come me, più di me si ricorda di quando eravamo a Camigliatello. Eravamo in quei bei seminari che forse si dovrebbero riprendere, e c’era Giacomo Mancini che raccontava di quei suoi rapporti e dei rapporti che prima di lui aveva Pietro Mancini, con gli uomini di chiesa. Mi ricordo quando all’epoca la sera c’era una lunga tavolata piena di dirigenti, di assessori, di collaboratori, quando lui raccontava di Pietro Mancini quando stava per essere condotto al confino, era a piedi, passava davanti al Duomo e fu fermato da don Alfonso del Vecchio che, in calabrese gli disse: “Pietru’, aspetta che ni vivimu nu cafè”, e si abbracciarono, si abbracciarono, si strinsero insieme e si lasciarono prendere dalla commozione, quella commozione che segnava un’amicizia, un rapporto tra di loro e che segna un’amicizia tra persone, tra uomini e donne che hanno un’impostazione storica, ideale differente ma che oggi in nessun modo può rappresentare un valico insormontabile per una collaborazione tra di noi. Io sono onorato di vedere in platea, di avere come amici tante brave, oneste persone che hanno creduto nella vecchia democrazia cristiana messa in campo da Antonio Guarasci e anche da quella democrazia cristiana ispirata da Riccardo Misasi perché quel meridionalismo sul quale anche tante differenziazioni c’erano tra di noi, mai come oggi è di stringente attualità. C’è bisogno di un impegno per il mezzogiorno e c’è bisogno di un’alleanza dove si stia bene tutti quanti insieme, dove ci sia l’attenzione che meritano tutte le culture importanti del riformismo italiano. E tra queste culture, e lo diciamo anche con orgoglio, ci deve essere la cultura socialista, la storia di tanti compagni, di tanto impegno, di tanta militanza che hanno fatto e hanno scritto le pagine migliori di impegno per il miglioramento della nsotra regione. E noi per questo siamo qui oggi a sostenere la candidatura di Mario Oliverio, che ha avuto la capacità insieme ad altri del suo partito di intessere rapporti positivi con noi socialisti, che è un dirigente capace con il quale io mi onore di collaborare al Parlamento del nostro paese, che ha lontano nella sua testa mille miglia e anni luce l’impostazione che con Giacomo Mancini e con la sua effige si possa combattere una battaglia e poi si possa mettere quella effige da parte. No, Mario è una persona più seria. Non è come coloro i quali pensano di farsi un giro “Evviva Giacomo Mancini” e poi chi si è visto si è visto, arrivederci e grazie. Questo non è possibile, c’è bisogno della nostra storia e della nostra tradizione non soltanto per vincere le elezioni di ieri e di oggi, ma c’è bisogno della nostra storia, del nostro impegno per scrivere le pagine migliori della storia di domani. E questo deve essere il nostro obiettivo, questa io ritengo deve essere la nostra frontiera. Anch’io sono ottimista rispetto all’esito della campagna elettorale. Sono ottimista ma ho necessità di individuare dei punti sui quali noi dobbiamo puntare e sui quale dobbiamo fare attenzione di non disperdere i risultati che abbiamo ottenuto. Ad iniziare da Cosenza e dal suo modello amministrativo che in dieci anni è stato faticosamente messo insieme. Questo modello non può essere disperso, non può essere messo da parte, non può essere cancellato in nessun modo e noi saremo qui a dirlo forte, in maniera convinta, in maniera determinata nel corso della nostra campagna elettorale. Già due anni fa sapevamo che il rafforzamento del modello Cosenza sarebbe stata una sfida difficile, anche se avevamo la convinzione che il modello Cosenza ci ha fatto vincere. Nessuna altra cosa, nessun altro fattore. Il modello Cosenza ci ha permesso di vincere e sapevamo bene che il mantenimento di quel modello avrebbe rappresentato una sfida difficle, perché sono cambiati i tempi, sono cambiati i modi, non soltanto gli uomini e quindi i tempi e i modi necessitano di un passaggio alla regione e alla regione non ci sono rappresentanti capci di amministrare e di amministrare bene ma ci sono burocrati che fermano e che rendono difficile la persecuzione di un percorso di sviluppo. Ma avendo ben presente questo ci siamo messi pancia a terra, a lavorare con caparbietà, con dedizione e con passione per dare ai nostri cittadini una qualità della vita migliore rispetto a quella di un tempo. Sempre migliore, sempre vincente, puntando l’attenzione sui quartieri popolari dove le esigenze sono sempre più preminenti ma anche pensando a un miglioramento della qualità della vita, offrendo servizi più efficienti, un servizio pubblico migliore, l’acqua presente nelle nostre case, un servizio di spazzamento migliore. Questo stavamo facendo, impegnati in trincea, pancia a terra, profondendo ogni sforzo, fino a quando abbiamo sentito alle nostre spalle dei bombardamenti. Ci siamo girati perché pensavamo che i nemici erano davanti. Ci siamo girati e ci siamo meravigliati perché a sparare verso di noi erano gli amici. Siamo stati vittima di un fuoco amico. Siamo stati vittima di un fuoco amico che non meritavamo. Che non meritavamo perché veniva da chi non doveva in nessun modo farlo, da chi noi abbiamo sostenuto con lealtà, con convinzione e con determinazione. Ma anche se con l’animo pieno di dolore abbiamo registrato questa involuzione, questo cambiamento, tutto possiamo fare tranne che fare ritorsioni, tranne che pensare a rappresaglie. Noi vogliamo e abbiamo come obiettivo quello di migliorare la nostra città. Ci dispiace nel profondo che la nostra città arretri. Ci dispiace enormemente che vada nei campionati dilettanti di calcio, figurarsi se va nei campionati dilettanti a livello amministrativo. Questo non è possibile. E’ per questo che noi vogliamo lavorare per migliorare la nostra città e quindi mettiamo da parte rappresaglie, mettiamo da parte le ritorsioni e ci rivolgiamo a chi, come noi, pensa a un futuro migliore per la nostra città e sono i cosentini, sono gli elettori ai quali mai come oggi il 13 di giugno chiederemo la forza per mandarci avanti e la forza per rafforzare il nostro modello Cosenza che è un modello che riguarda tutti quanti noi e che noi forse, più e meglio degli altri vogliamo rappresentare, e lo vogliamo rappresentare anche con la nostra lista, ecco perché come dire, abbiamo messo in campo soprattutto nella nostra città una grande squadra, una squadra competitiva fatta di uomini che hanno collaborato insieme a Giacomo Mancini nel corso di dieci anni. Una squadra modello, diciamocelo pure a voce alta e con orgoglio, ma ogni squadra per andare bene deve essere guidata da chi ha il polso e se la battaglia è dura il polso deve essere fermo. Ecco perché siamo onorati di avere insieme a noi il grande generale Luciano Sergio Crea che ci deve aiutare a riprendere la bussola, a riprendere il cammino della nostra città. E’ un cammino che si basa sulla ricucitura dei rapporti migliori che nel corso di questi dieci anni abbiamo intessuto. Rapporti tra le professionalità migliori all’interno e all’esterno del comune. Ci sono persone, professionisti della nostra città, nel nostro comune, di prim’ordine. Io li conosco e sono onorati della loro amicizia perché conosco le loro storie, conosco le loro origini, i loro sacrifici, per studiare, per migliorarsi, per emerge, per affermarsi. Conosco il loro cursus nelle nostre università e so che dopo avere acquisito la laurea in ingegneria, in legge, nelle materie tecniche, oggi lavorano con dedizione per il miglioramento della nostra realtà. Io mi onoro di essere loro amico e ritengo che insieme a loro dobbiamo riprendere un cammino, altrimenti, se non onorassimo queste storie, se non comprendessimo il valore di questi sacrifici, se non capissimo l’importanza del miglioramento sociale, economico, culturale, che socialisti saremmo. Non saremmo socialisti, saremmo un’altra cosa. Invece a queste storie noi ci crediamo. Ci crediamo perché vogliamo allargare i confini della nostra realtà, vogliamo migliorare sempre di più le posizioni che abbiamo conquistato. E per farlo io ritengo che abbiamo messo in campo una bella squadra. Una bella squadra fatta di donne e uomini pieni di passione. Pieni di entusiasmo, pieni di voglia di lottare, di lavorare e di guidare il nostro movimento e l’intera nostra coalizione al successo. E’ una bella squadra. Io se soltanto penso a qualche mese fa, quando pensavamo e valutavamo, devo fare i complimenti a tutti quanti voi, per l’entusiasmo, la caparbietà e l’impegno che avete profuso per realizzare questa squadra. Vi vorrei abbracciare ad uno ad uno. Ringrazio e consentitemi di farlo, Salvatore Magarò. Uno per tutti che mai come questa volta ha fatto sentire la sua disponibilità, la sua passione, il suo impegno, che ha consentito di allargarci in ogni angolo della nostra provincia riagganciando e recuperando anche da luoghi lontani, anche un pò polverosi, le nostre migliori bandiere. Insomma, penso a quella rappresentata da Pino Iacino che con tanta passione ci sta dando una mano in questa battaglia elettorale. Sono qui, contento di vedere mio zio Gaetano Mancini che ci onora di questa presenza. Sono anche contento, non lo vedo qui, sarà in giro a tramare in chissà quali ombre, in quali anfratti. Ma non è vero perché è una brava persona. E’ un caro compagno, è un caro socialista e si chiama Salvatore Frasca. Hanno fatto una cosa indegna nei suoi confronti. Hanno fatto una cosa indegna. Ci si scandalizza perché un socialista sta con i socialisti. Ma dove dovrebbe stare un socialista? Dove dovrebbe stare? Cosa dovrebbe fare un socialista che quando era giovincello lottava insieme ai braccianti della sua terra. Uno che lavorava per far sì che i diritti di quei braccianti diventassero diritti sanciti e riconosciuti. Io sono onorato di poter combattere a fianco a loro questa battaglia. Uomini e donne che hanno scritto le pagine migliori del socialismo e sono anche onorato di affrontarla con giovani donne e giovani uomini che per la prima volta scendono in campo, decidono di confrontarsi con l’elettorato e affrontare la campagna elettorale. E’ bello, è una avventura bella anche perché il nostro obiettivo non è soltanto riallacciare i rapporti con le vecchie bandiere. Ma è anche e soprattuto, e forse ancora di più, convincere i tanti giovani della nostra terra. Ci sono decine di migliaia di diciottenni che il 12 e 13 di giugno per la prima volta voteranno e quindi mettendo in campo una squadra del genere noi puntiamo ad essere convincenti nei loro confronti. Per fare capire loro che alla politica si può guardare con tranquillità e con fiducia che non è una cosa negativa. Che l’impegno politico è una cosa bella, positiva per la quale tutti noi dobbiamo lavorare e ci dobbiamo sforzare perché questo sentimento di fiducia nei confronti dell’impegno sia sempre più evidente, sia sempre più presente. Io ritengo che abbiamo fatto una bella squadra. sono contento, sono anche un pò sudato devo dire. Mia moglie mi ha detto: “Mi raccomando, siamo tutti stanchi parla poco”. Forse ho parlato a lungo, mi dispiace di non aver seguito un percorso più breve ma ci tenevo a parlare alla mia città, ci tenevo a parlare ai miei amici, ci tenevo a parlare a coloro i quali insieme a noi affronteranno questa campagna elettorale. Io ritengo che abbiamo fatto un bel lavoro. Possiamo per adesso essere orgogliosi. A me, tante volte, quando torno a casa la sera, quando spegno la luce, mi viene da ripensare a chi non c’è più. Penso se il lavoro che sto facendo, che stiamo facendo sia all’altezza di quegli insegnamenti, sia all’altezza di quei valori che ci hanno lasciato. Io non mi so dare una risposta. Però quando vedo tanti visi pieni di energia, tante voci piene di speranza, tanti sguardi pieni di passione mi viene di rispondermi: sì. Stiamo facendo bene, stiamo lavorando bene e dobbiamo insieme scrivere ancora delle pagine belle della nostra storia, sempre avendo l’ambizione di onorare gli insegnamenti che ci provengono da uomini per bene come Giacomo Mancini, come Maurino Leporace e come tanti compagni che non ci sono più, che noi dobbiamo rispettare ed onorare andando avanti insieme uniti per vincere il 13 giugno e nei prossimi anni.
 


 
 
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