La destra al governo del Paese e della Regione ha fallito.
I cittadini vivono una situazione di difficoltà diffusa che è più grave nelle regioni meridionali.
Le opportunità di formazione, di crescita, di affermazione e di successo sono sempre meno.
I cittadini, soprattutto quelli più giovani guardano al futuro con sempre maggiore preoccupazione anziché con sentimento di fiducia.
Dalla situazione di difficoltà attuale deve partire l’azione del centrosinistra che ha il dovere di definire una proposta di governo alternativa e credibile agli italiani ed a i calabresi.
In questa prospettiva sono utili i tentativi posti in essere da Romano Prodi e dai leader dell’Alleanza ai quali guardiamo con sentimenti di attesa ed insieme preoccupati per i continui distinguo e le quotidiane differenziazioni incomprensibili ai più.
Diciamo con convinzione che il percorso che Prodi sta compiendo insieme a Fassino, Rutelli e Boselli, con l’obiettivo di creare una forza che rappresenti il timone riformista dell’alleanza, rappresenta la strada più giusta e più auspicabile.
La nostra convinzione è pari al nostro orgoglio che ci porta ad affermare senza tema di smentita che prima di altri, che oggi si accodano, avevamo compreso che quella era la bussola che bisognava seguire.
E’ fondamentale ed irrinunciabile che si crei un momento di collaborazione e si istituisca un organismo di decisioni unitarie tra i rappresentanti di quei filoni che trovano ispirazione e riconoscimento nel socialismo europeo.
La collaborazione però deve trovare nel rispetto e nella considerazione reciproca l’humus irrinunciabile per ognuna delle diverse componenti.
Con questo intento e queste accortezze nel lontano 1996 Giacomo Mancini e Marco Minniti instaurarono una collaborazione che fu feconda e produttiva di risultati considerevoli.
All’epoca si partiva da una contrapposizione all’interno delle forze della sinistra ancora più aspra e ancora più violenta di quella che viviamo oggi tra di noi, anche perché all’interno di alcuni settori imperversavano sostenitori acritici di un certo pentitismo che si scagliava contro il sindaco di Cosenza, vittima di una persecuzione ingiusta e dolorosa.
La volontà di collaborazione dei due leader, ciononostante, fu premiata perché traeva linfa da un sentimento intenso proveniente dalla nostra gente che rievocava una storia di battaglie combattute sotto le stesse bandiere e che trovava un comune e forte denominatore nella splendida esperienza amministrativa che ha consentito a Giacomo Mancini di condurre Cosenza a raggiungere quei successi di cui tutti i cosentini sono ancora orgogliosi.
Potremmo dire, se non fossimo troppo modesti, che quella intuizione rappresenta l’embrione del progetto federativo che Prodi sta portando avanti.
E se noi eravamo e continuiamo ad essere orgogliosi di ciò che insieme abbiamo fatto ci chiediamo perché chi con noi ha lavorato per raggiungere quella collaborazione e quei successi invece di rivendicarne i meriti, nei mesi scorsi ha tentato di cancellarla e di sfregiarla con una cattiveria che nemmeno il più stolto tra i suoi oppositori avrebbe usato.
Al rispetto e alla valorizzazione della storia socialista qualcuno ha preferito la maldicenza, l’insinuazione e addirittura la calunnia che ha colpito chi aveva l’unica colpa di lavorare per migliorare la nostra città e per allargare i confini della nostra parte politica.
Purtroppo a pagare gli effetti di questo incomprensibile cambiamento di linea politica non sono state soltanto le donne e gli uomini che hanno collaborato più da vicino con Giacomo Mancini, ma tutti i cosentini che stanno registrando con preoccupazione un ritorno all’indietro della nostra città.
E’ evidente che dove esistevano regole amministrative certe per tutti, oggi è tornata la spartizione all’insegna del più deteriore metodo partitocratico, e dove esisteva una strategia ambiziosa, oggi è tornata l’improvvisazione contingente e l’incapacità di realizzare la continuazione di un grande progetto amministrativo e politico che andava solamente assecondato.
Cosenza sta perdendo peso e ruolo.
Se continuerà su questa china sarà condannata a diventare periferia dell’area urbana.
Insistere in questo errore sarebbe imperdonabile soprattutto per chi si definisce riformista e come tale ha il dovere di comportarsi.
Purtroppo all’arretramento amministrativo si accompagna lo smarrimento politico, soprattutto tra quei cittadini più giovani e più dinamici che si erano sentiti protagonisti del progetto di rinascita sostenuto da Giacomo Mancini e che oggi vedono riproporsi quei comportamenti negativi che pensavamo di aver definitivamente sconfitto con dieci anni di buona amministrazione e che, con ragione, ritengono che non debbano appartenere al campo del centrosinistra.
Oggi la sfida è quella di riprendere la strada con insistenza indicata dagli elettori, e troppo bruscamente interrotta con incaute manovre di palazzo.
L’obiettivo deve essere quello di fare di nuovo di Cosenza un punto di riferimento irrinunciabile dal punto di vista politico e amministrativo.
Servono progetti elevati e vasti orizzonti per i quali eravamo e continuiamo ad essere disponibili. Ricordo i ragionamenti che facevamo con Mario Oliverio quando mi proponeva di sostenere la sua candidatura alla Provincia: erano ben più convincenti del lavoro compiuto in questi mesi dalla sua giunta.
Ritengo che di quei progetti e di quelle visioni ci sia ancora bisogno e ritengo che coloro i quali se ne debbano fare carico sono le donne e gli uomini che provengono da una storia come la nostra.
E’ impensabile definire un percorso comune se qualcuno tra di noi continua a privilegiare le esclusioni e le mortificazioni a discapito del rispetto di ciò che rappresentiamo.
Conosco il ruolo che hanno avuto uomini come Fausto e Luigi Gullo nella storia della nostra democrazia. So bene quale incancellabile insegnamento morale hanno lasciato uomini come Mimmo Garofalo e Cicco Medaglia. Ho ben presente quanto importante sia la passione di tanti militanti con una storia comunista per il futuro della nostra alleanza.
Allo stesso modo so perfettamente, però, che chi si ostina a dire che dirigenti e militanti socialisti che decidono di lavorare insieme mettendo da parte le divisioni del passato per dare più forza e più smalto all’Alleanza, perdono tempo in un’azione antistorica, sbaglia di grosso.
Non è questo il sentimento della base che ci chiede a gran voce unità e che sa bene che l’unità non può esistere se non c’è il rispetto tra di noi.
Perseverando in questo errore ci si assume la pesante responsabilità di condannare la coalizione alla sconfitta, di consegnare la vittoria a questa destra che è la peggiore e più impresentabile del nostro paese.
Il nostro obiettivo, al contrario, deve essere quello di tornare alla vittoria.
La prima sfida è la conquista della Regione per la quale con Agazio Loiero pensiamo di costruire un futuro dal quale sia bandito il consociativismo e il trasversalismo che ha prosperato in questi anni alle spalle degli interessi dei cittadini.
Per farlo sappiamo che è indispensabile rafforzare un dialogo con quelle donne e quegli uomini che dividono con noi gli stessi sentimenti e condividono gli stessi progetti e ancora di più è irrinunciabile portare dalla nostra parte tutti coloro i quali pensano che vi sia bisogno dell’impegno politico di persone vere che dimostrino una condotta irreprensibile nel pubblico e che forniscano esempi positivi nei quali potersi riconoscere e rispecchiare.
Ritengo che questa si la cifra che dobbiamo dare al nostro impegno e alle nostre azioni e mi auguro che su queste direttrici possa aprirsi una nuova collaborazione tra di noi.
|