Leggi la lettera a Il Riformista
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Caro Direttore,
sono lusingato dall’attenzione che il Suo giornale ha dato alla mia adesione al PDL. Mi meraviglia, però, che Il Riformista sia sorpreso per il fatto che un riformista decida di stare dalla parte di chi fa le riforme e contro chi le osteggia. Per chi, come me, è socialista e può vantare una gloriosa e centenaria storia familiare socialista è naturale stare dalla parte di chi ha iniziato a cambiare il Paese e contro chi favoleggia di un pericolo per la democrazia e si limita ad agitare la piazza. Considero giusto e coerente lavorare insieme a chi predilige i fatti alle chiacchiere, premia i meriti e taglia gli sprechi, investe nei diritti e nelle garanzie per i cittadini e lotta contro gli ingiusti privilegi delle corporazioni. Del resto, non solo io, ma i commentatori più autorevoli evidenziano come nel nuovo assetto, che da bipolare sta trasformandosi velocemente in bipartitico, il governo Berlusconi ed il PDL stiano imprimendo alla propria azione un chiaro profilo riformatore innovando nel campo dell’istruzione, della giustizia, della pubblica amministrazione, dell’economia e del lavoro, ed il PD che ha delegato la sua leadership all’onorevole Di Pietro sia impegnato a difesa di quelli che Panebianco sul Corriere della Sera di sabato scorso definiva “ragnatele di rendite, piccoli privilegi, cattive abitudini, inefficienze e sprechi”. Per questo ho scelto di partecipare al progetto del PDL e di spendermi per il suo successo convinto che il nuovo soggetto politico rappresenterà l’approdo non solo per quei partiti che dal 1994 hanno accompagnato la discesa in campo di Berlusconi, ma anche per tutti quei riformisti delusi dal tradimento della prospettiva socialdemocratica del PD. Non vedo nulla di incoerente e di contraddittorio rispetto alla mia storia. Sarei stato incoerente, invece, se avessi deciso di confluire nel PD che si è alleato con Di Pietro ed ha lasciato a casa i socialisti così cancellando la nostra rappresentanza dal Parlamento e finendo il lavoro iniziato all’inizio degli anni novanta dalle procure di Milano, Palermo e Reggio Calabria (a proposito mio nonno è stato assolto con formula piena e non per prescrizione (come afferma il vostro articolista) dalla lunga e dolorosa persecuzione giudiziaria che gli ha procurato un ictus che lo ha prima paralizzato e poi ucciso). Naturalmente la mia adesione ha fatto e continua a far discutere in Calabria e non solo. Ci sono state molte reazioni favorevoli e non sono mancate quelle contrarie. E, però, il fatto che molti di coloro che hanno sempre attaccato con inusitata violenza e profonda avversione mio nonno in vita e anche da morto (e ieri il Riformista ha dato voce ad un campionario ben assortito di questi vecchi arnesi) si siano schierati contro la mia adesione, rappresenta per me l’ennesima dimostrazione che ho compiuto la scelta giusta. Infine tengo ad informare i suoi elettori di qualche numero: alle amministrative ho ottenuto il 12,4 nel 2002, il 14,3% nel 2004, il 30% nel 2006, alle politiche il 10,2% nel 2006 (a fronte di un dato nazionale della RNP del 2,5%) , ed il 6,2% (a fronte di un dato nazionale del PS del 0.9%). Decida Lei se sono tanti o pochi voti. Certamente li ho ottenuti in una regione squassata dall’affarismo e stuprata dalla criminalità organizzata senza gestire un’azienda sanitaria, senza dirigere una camera di commercio, senza guidare un assessorato, insomma senza gestire potere, ma solo e soltanto esprimendo le mie idee e cercando di suscitare una speranza di cambiamento nei calabresi. Questo consenso lo spenderò per il successo del progetto del PDL. Grazie per la pubblicazione, Giacomo Mancini
PS. Se avessi cercato un vantaggio personale avrei aderito al PDL prima delle elezioni. Invece ho rinunciato a fare il deputato, guidando la mia comunità in una battaglia di cui già conoscevo l’esito negativo, pur di non arrendermi all’alleanza Veltroni-Di Pietro.